Energia Attiva, Reattiva e Fattore di Potenza

Generale

L’energia attiva è quella che viene trasformata in lavoro e calore dai dispositivi elettrici. Apparecchi come le lampadine ad incandescenza assorbono solo energia attiva. L’unità di misura è il kWh (chilowattora).
L’energia reattiva è quella quota di energia che invece di essere consumata immediatamente dall’utilizzatore viene immagazzinata per poche frazioni di secondo e rilasciata nella rete elettrica. L’impiego dell’energia reattiva riguarda le apparecchiature che per funzionare hanno bisogno di un campo magnetico, come ad esempio i motori elettrici, le lampade a fluorescenza (neon), gli apparecchi elettronici (televisore, computer, ecc.). L’unità di misura dell’energia reattiva è il varh (Volt Ampere reattiva ora). Questa energia non viene commercializzata, pertanto un consumo moderato di energia reattiva è da considerare come fisiologico. È tollerata una quantità massima di prelievo di energia reattiva, attualmente valida solo per le forniture al di sopra dei 16,5 kW, oltre la quale scatta una sanzione.
Il parametro che normalmente viene preso in considerazione per verificare se l’impianto ha un consumo di energia reattiva troppo elevata è il fattore di potenza o cosφ. Questo parametro valuta il legame tra energia attiva ed energia reattiva ed in caso di carico ideale, solo resistivo e quindi senza energia reattiva consumata, vale 1. Nel caso sia presente dell’energia reattiva, il parametro assume valori inferiori ad 1 e in base a quanto ci si discosta dal valore ideale si può incorrere in penali . Il prelievo di energia reattiva è considerato normale fino a che l’utilizzatore ha un fattore di potenza (cosφ) maggiore di 0,9. Valori inferiori a questo limite indicano problemi all’impianto e la contestuale richiesta di penali da parte del distributore di energia elettrica con cui si è stipulato il contratto.
Il prelievo di energia reattiva da parte di un apparecchio utilizzatore può essere limitato o addirittura annullato mediante alcuni semplici dispositivi tecnologici installati sull’impianto elettrico del cliente, in questo caso si parla di rifasamento dell’impianto elettrico.

COSA È LA POTENZA REATTIVA: LO SFASAMENTO TENSIONE-CORRENTE

1) COSA È LA COSIDDETTA “POTENZA REATTIVA”? 

Nei sistemi a corrente alternata, molti carichi – in particolare i motori – fanno sì che si crei uno sfasamento fra la tensione e la corrente, sfasamento che riduce la capacità del sistema di utilizzare l’energia per svolgere lavoro utile. In casi estremi, tensione e corrente possono essere sfasati al punto che non può essere svolto quasi alcun lavoro utile, e ciò provoca anche un maggiore riscaldamento del carico e dei cavi con perdite di energia per effetto Joule. Questo sfasamento fra tensione e corrente dà luogo alla cosiddetta potenza reattiva, la quale è misurata in VAR (o var), che sta per “voltampere reattivi”. Incontriamo la potenza reattiva soprattutto nei dispositivi che immagazzinano energia sotto forma di un campo magnetico, cioè dotati di bobine con un grande numero di spire e che chiamiamo in generale carichi “induttivi”. Quindi, i motori e gli altri carichi induttivi sono sorgenti di potenza reattiva, la quale può essere compensata da carichi capacitivi attraverso il cosiddetto “rifasamento”.

2) COME SI MISURA LA POTENZA REATTIVA IN UN IMPIANTO

La potenza apparente è la somma quadratica della potenza attiva, o reale, e della potenza reattiva. Quindi, misurando prima la potenza attiva (in watt o kW, con un wattmetro) e la potenza apparente (in VA o kVA, con un moderno multimetro digitale in grado di acquisire correnti e tensioni rms e relative forme d’onda), non è difficile calcolare poi la potenza reattiva (in VAR o kVAr) del carico in un impianto ad es. industriale. In elettrotecnica, le grandezze appena illustrate sono dei vettori e quindi per operare con esse si applicano le regole delle somme vettoriali. Effettuate le misure suddette, sarà anche possibile determinare il cosiddetto fattore di potenza, definito come il rapporto potenza attiva (in kW)/potenza apparente (in kVA): maggiore è la potenza reattiva, pertanto, e più basso è il fattore di potenza dell’impianto. L’ideale sarebbe avere un fattore di potenza pari a “1”, poiché vorrebbe dire che la potenza reattiva è 0 e che tutta la potenza apparente è potenza attiva, che svolge lavoro reale.   

3) LA STRUMENTAZIONE PER LA MISURA DELLA POTENZA “APPARENTE” 

È importante saper misurare la cosiddetta potenza apparente (S), poiché la corrente associata con la potenza reattiva non si trasforma in lavoro del carico, ma semplicemente riscalda i cavi, dissipando energia sotto forma di calore per effetto Joule. La potenza apparente è espressa dalla seguente formula: S = Vrms x Irms. Pertanto, per misurare in modo corretto la potenza apparente in un caso generale occorrono le seguenti capacità: (1) Capacità di acquisizione della forma d’onda della tensione e della corrente; (2) Acquisizione simultanea di entrambe le forme d’onda; (3) Funzione di analisi dei dati acquisiti. Tradizionalmente, tali capacità si trovano solo nella strumentazione di misura più avanzata, poiché un normale multimetro ha orologi asincroni e non è dotato della capacità di acquisizione delle forme d’onda, che troviamo invece in costosi moderni multimetri digitali, i cui dati acquisiti possono venire elaborati con appositi software, come ad es. il famoso LabView della National Instruments.

4) PERCHÈ LO SFASAMENTO DI UTENZE INDUSTRIALI “COSTA”

Nelle utenze industriali, la maggior parte dei carichi è costituita da motori e trasformatori che generano un campo magnetico, che “sfasa” tensione e corrente causando la produzione di energia “reattiva”, mentre la sola potenza utile – cioè in grado di trasformare l’energia elettrica in lavoro meccanico – è quella “attiva”. Ma un incremento dell’angolo di sfasamento φ fra la tensione (V) e la corrente (I) di alimentazione comporta un aumento della potenza reattiva a scapito della potenza attiva con una conseguente perdita, prima di tutto, sul piano economico. Questo perché un incremento dello sfasamento comporta un aggravio per il distributore di energia elettrica, che deve fornire più potenza (in quanto, se assimiliamo il cavo elettrico a un ipotetico tubo, la presenza di una corrente induttivo-reattiva “ruba”

spazio ad una certa quantità di corrente associata ad energia attiva, o utile) ed è quindi costretto a un sovradimensionamento degli impianti di generazione, trasporto e trasformazione elettrica. 
    

5) I RIFASATORI PER MOTORI E ALTRI CARICHI LINEARI 

Un semplice tipo di rifasatore automatico consiste di un certo numero di condensatori, la cui capacità complessiva deve essere dimensionata con l’uso di switch misurando il fattore di potenza conseguente. In alternativa si può usare come rifasatore un motore asincrono senza carico, il quale fornisce energia reattiva che può essere di segno opposto a quella che si intende compensare, per cui si comporta come un condensatore variabile. Diversamente che nel caso dei condensatori, la quantità di energia reattiva fornita da un motore asincrono è proporzionale alla tensione, non al suo quadrato, il che aumenta la stabilità di tensione della rete. Per il rifasamento dei grandi sistemi o dei sistemi ad alta tensione si utilizzano sempre più apparecchi “intelligenti”, che sono in grado di compensare improvvisi cambiamenti del fattore di potenza assai più rapidamente rispetto alle batterie di condensatori e ed essendo a-stato-solido richiedono meno manutenzione rispetto ai condensatori sincroni.

COSA È IL FATTORE DI POTENZA DI UN CARICO: IL COS φ

1) IL COS φ, O “FATTORE DI POTENZA” DI UN CARICO ELETTRICO

Il fattore di potenza di un carico elettrico è definito come il coseno dell’angolo di sfasamento φ fra la tensione (V) e la corrente (I) di alimentazione del carico stesso in un sistema elettrico in corrente alternata: dunque, il fattore di potenza è cos(φ). In un sistema elettrico con un carico puramente resistivo lo sfasamento è nullo, per cui si ha cos(φ) = 1, che rappresenta la situazione ideale, in quanto vuol dire che la potenza “apparente” (S) corrisponde alla potenza “attiva” (P) e la potenza “reattiva” (Q) è nulla. Invece, in un sistema di tipo induttivo (come ad es. un motore elettrico, un alimentatore per lampada fluorescente, etc.) è inferiore ad 1, il che vuol dire che la potenza reattiva – sempre indesiderata – non è nulla. Pertanto, sui motori elettrici e sugli altri grandi carichi quasi esclusivamente induttivi, è in genere indicato il valore di cos(φ) prodotto dalla macchina, ed è comunque possibile rilevare tale valore tramite un cosfimetro, in modo che si possa eventualmente procedere a un opportuno rifasamento.    

2) L’IMPORTANZA DEL FATTORE DI POTENZA NEI SISTEMI DI DISTRIBUZIONE 

I fattori di potenza inferiori a 1 richiedono che la fonte di energia fornisca più dei minimi volt-ampere necessari ad alimentare la reale potenza (watt). Ciò accresce i costi di generazione e di trasmissione elettrica. Per esempio, se il il fattore di potenza è di appena 0,7, la potenza apparente sarebbe 1,4 volte quella reale usata dal carico. La corrente nel circuito della linea di alimentazione sarebbe anch’essa 1,4 volte la corrente richiesta da fattore di potenza 1,0, perciò le perdite nel circuito risulterebbero raddoppiate, dato che esse sono proporzionali al quadrato della corrente. Inoltre, tutti i componenti del sistema – generatori, cavi, trasformatori – dovrebbero essere incrementati in dimensioni (e costi) per trasportare la corrente extra. Pertanto, i fornitori di energia elettrica di solito fanno pagare dei costi aggiuntivi ai propri clienti di utenze industriali o commerciali i quali abbiano un fattore di potenza al di sotto di un certo limite (solitamente 0,9), poiché ciò influenza l’efficienza delle linee di trasmissione.     


3) COME MISURARE IL FATTORE DI POTENZA: IL “COSFIMETRO”

Il fattore di potenza in un circuito monofase (o in un circuito trifase bilanciato) può venire misurato con il metodo wattmetro-amperometro-voltmetro, in cui la potenza in watt è divisa per il prodotto fra la tensione e la corrente misurate. Un cosfimetro è un misuratore del fattore di potenza a lettura diretta e può essere meccanico-analogico o elettronico-digitale. In un semplice cosfimetro elettrodinamico, una bobina è connessa in parallelo con il carico attraverso una resistena e una seconda bobina attraverso un induttore, così che la corrente nella seconda bobina è ritardata rispetto a quella nella prima. I cosfimetri digitali misurano direttamente lo sfasamento temporale tra le forme d’onda della tensione e della corrente, e calcolano così direttamente il fattore di potenza (questo metodo è accurato solo se la tensione e la corrente hanno forme d’onda sinusoidali, cosa che non avviene per i carichi non lineari, come ad es. i rettificatori, i quali presentano una forma d’onda distorta). 

4) LA DIFFERENZA FRA POTENZA “ATTIVA”, “REATTIVA” E “APPARENTE”

La potenza “attiva”, o reale, è quella realmente consumata da un carico, mentre la potenza “reattiva” non dà consumi, essendo un’energia di scambio fra la linea di alimentazione ed il carico induttivo (motore od altro). La potenza “apparente” è, in sostanza, la somma (senza entrare qui in troppi dettagli tecnici, poiché per l’esattezza si tratta di una somma in quadratura) fra la potenza attiva e quella reattiva. Nei circuiti con particolari utilizzatori come ad es. lampadine a filamento, scaldacqua, certi tipi di forni, la potenza apparente assorbita è tutta potenza attiva. Nei circuito con utilizzatori che hanno al loro interno avvolgimenti atti a creare un campo magnetico variabile, come i motori, le saldatrici, gli alimentatori delle lampade fluorescenti, i trasformatori, una parte della potenza assorbita non è impiegata come potenza attiva, bensì come potenza reattiva. Anche la corrente che circola nei cavi di alimentazione e nel carico – e che in parte si dissipa per effetto Joule – ha una componente attiva e una reattiva.

5) LA CORREZIONE DEL FATTORE DI POTENZA, O COS φ 

Il fattore di potenza cos(φ) di carichi lineari aventi un basso fattore di potenza (come ad es. i motori a induzione) può venire corretto attraverso una rete passiva di capacitori in modo da avere un valore il più possibile prossimo a “1”, il che indicherebbe che tutta l’energia fornita dalla sorgente è consumata dal carico. I carichi non lineari (come ad es. i rettificatori) distorcono la corrente assorbita dal sistema. In tali casi, si può usare una correzione attiva o passiva del fattore di potenza per contrastare la distorsione ed aumentare il fattore di potenza in questione. L’idea per correggere il fattore di potenza – ovvero rifasare un sistema – è quella di fornire energia reattiva di segno opposto, aggiungendo ad es. condensatori che cancellano gli effetti induttivi o capacitivi del carico. I dispositivi per la correzione del fattore di potenza possono essere concentrati in una postazione centralizzata dell’impianto elettrico o sparsi lungo di esso, se non addirittura inseriti all’interno dei singoli carichi induttivi.  

Energia Attiva ed Energia Reattiva: Attenzione allo Sfasamento!

Bisogna chiarire una differenza fondamentale tra energia Attiva ed Energia Reattiva.

L’ energia attiva è quella che viene trasformata in lavoro e calore dai dispositivi elettrici e viene misurata in kWh.

L’ energia reattiva è quella quota di energia che non viene subito consumata ma viene immagazzinata e poi rilasciata nella rete elettrica senza produrre lavoro.

Questa operazione provoca maggiori consumi e impegno sulle linee dell’azienda la quale addebita i maggiori costi al’ utente.

Vi faccio un esempio pratico:
Immaginate tre fiumi (identificati come le fasce di consumo che si hanno F1-F2-F3), i quali partono dallo stesso lago ma hanno portate diverse (le tre portate sono diverse a causa della differenza tra l’energia prodotta e quella consumata).”
Questa differenza porta il motore che si trova a “Valle” a consumare di più in quanto si trova in una fase di sfasamento. Consumando di più porta a maggior produzione di energia reattiva e quindi maggiori costi in bolletta.

Tutto ciò si può risolvere posizionando nel nostro “lago” un rifasatore: questo intervento ha un costo iniziale ma ci permette di mantenere l’energia reattiva sotto i limiti consentiti ed evitare di dover pagare una sanzione sulla bolletta, inoltre genera anche altri benefici per l’azienda: diminuzione delle perdite di energia per riscaldamento dei cavi,maggiore potenzialità dell’impianto ed un minore riscaldamento del trasformatore.

Ma cosa si intende con Rifasamento?

Per rifasamento si intende quella pratica che permette di supplire allo sfasamento introdotto nella linea da un carico reattivo. Si collegano all’impianto delle apparecchiature chiamate condensatori di rifasamento. Questi dispositivi forniscono l’energia reattiva necessaria al funzionamento delle suddette apparecchiature, che così non viene prelevata dalla rete.

Rifasare vuol quindi dire fornire in loco, tutta (rifasamento totale) o parte (rifasamento parziale) della potenza reattiva elettrica necessaria al carico

Quando è necessario Rifasare?
Per gli impianti in bassa tensione e con potenza impegnata maggiore di 15 kW:
• quando il fattore di potenza medio mensile è inferiore a 0,7 l’utente è obbligato a rifasare l’impianto.
• quando il fattore di potenza medio mensile è compreso tra 0,7 e 0,95 non c’è l’obbligo di rifasare l’impianto ma l’utente paga una penale per l’energia reattiva.
• quando il fattore di potenza medio mensile è superiore a 0,95 ed inferiore ad 1 non c’è l’obbligo di rifasare l’impianto e non si paga nessuna quota d’energia reattiva.

Se il rifasamento rimane attivo sulla linea quando non ce n’è bisogno, assorbe energia reattiva che si somma alla reattiva induttiva normalmente consumata dall’impianto. La somma delle due energie può causare l’addebito di somme per eccessivo consumo reattivo, anche se in realtà l’utente sta rifasando gli impianti dell’ente fornitore.
L’utente è quindi sollecitato a rifasare almeno fino ad un fattore di potenza = 0,95.

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